Lo scorrere lento e continuo dell’acqua nel canale viene interrotto dal movimento di una sagoma. Quasi senza emettere alcun rumore si tuffa sott’acqua e dopo pochi secondi riemerge. Il suo profilo piatto e lungo affiora appena e fende l’acqua, lasciando dietro di sè una V che si allarga sempre più fino a scomparire. Sembra essere stata progettata dal più bravo ingegnere per raggiungere la sua massima efficienza nel nuoto, eppure non è un pesce, caccia sott’acqua ma è un mammifero. La lontra è sicuramente la regina dei fiumi.
Il suo nome scientifico è Lutra lutra e appartiene alla stessa famiglia del tasso, della martora e della faina: quella dei mustelidi. E’ di colore bruno sul dorso, nocciola sul ventre e biancastro sulla gola e sul petto. Il pelo, impermeabile e con un’altissima densità di peli (20.000 per centimetro quadrato), è formato da due strati che, trattenendo aria, garantiscono alla lontra un ottimo isolamento termico anche nei periodi più freddi. La lontra possiede una vista ottima e, grazie alle lunghe vibrisse sul muso, riesce a cacciare anche nell’acqua torbida. La coda funge da propulsore per il nuoto e i piedi sono palmati. Sott’acqua le orecchie e le narici si chiudono ermeticamente. Il suo peso può raggiungere i 15 chilogrammi. La sua dieta è composta da pesci, rane, granchi, piccoli mammiferi e uccelli.
Le impronte della lontra sono facilmente riconoscibili: cinque (spesso solo quattro) dita allungate a forma di goccia per la presenza delle unghie e due cuscinetti plantari, di forma trilobata, con uno più allungato nei piedi posteriori. Le feci, di forma cilindrica, vengono chiamate spraint. Il termine deriva dal latino e significa esprimersi, infatti, grazie ad esse, sono capaci di comunicare il proprio sesso, lo stato riproduttivo ed eventuali parentele. Al loro interno sono ben visibili squame e lische unite da una matrice di colore verde scuro, se fresche.
Proprio la sua ottima abilità nella pesca, insieme alle caratteristiche della pelliccia, sono state la causa del suo forte declino. Dai pescatori veniva vista come un nemico che sottraeva loro il pesce e per questo fortemente cacciata. In Germania la pelliccia veniva usata per produrre mantelli e cappelli, in Mongolia e nell’Europa orientale era tra le pelli preferite e ,con i peli della sua coda, i pittori ottenevano i pennelli. Daniele Zovi nel libro intitolato “Italia Selvatica” ci racconta come “la sua carne, come quella del castoro, fu considerata adatta alla dieta dei monaci dei conventi anche nei giorni di astinenza e in quaresima, e questo costituì un ulteriore stimolo alla sua caccia”. L’inquinamento delle acque, la costruzione di canali e la diminuzione della vegetazione ripariale hanno poi fatto il resto.
Oggi la lontra è considerata in pericolo dalla I.U.C.N. (Unione Mondiale per la Conservazione delle Natura), compare tra le specie severamente protette nella Convenzione di Berna e tra quelle di interesse comunitario nella Direttiva Habitat.
Seppure difficile da vedere, la lontra frequenta abitualmente i canali del Bosco Pantano, per questo motivo è necessario il mantenimento della vegetazione ripariale. Gli interventi del Consorzio di Bonifica e la conseguente rimozione di tutta la vegetazione dai canali artificiali sono considerati dalla Regione Basilicata “tra i fattori che possono influenzare negativamente la conservazione delle specie” (Rete Natura 2000).