Ecco come sta scomparendo il Bosco Pantano

Sulla destra dell’ultimo tratto del canale scolmatore, poco prima della galleria di canne e cannucce di palude, fino a soli dieci anni fa si sviluppava un’area conosciuta come “area degli iris“. A dare il nome era, appunto, l’iris di palude (Iris pseudacorus), una pianta che cresce nelle zone umide e paludose. Facilmente riconoscibile per il suo fiore giallo acceso, come altre specie ripariali, svolge un’importante funzione di fitodepurazione e, nello specifico, è capace di assorbire all’interno dei suoi rizomi i metalli pesanti presenti nelle acque inquinate.

Sotto un folto frassineto, grazie alla presenza dell’acqua che rendeva la zona paludosa, gli iris così come i giunchi, i carici e altre specie vegetali tipiche delle zone umide, costituivano un ricco sottobosco.

I raggi del sole, schermati dagli alti frassini, raggiungevano il terreno solo in alcuni punti, creando un fiabesco chiaro-scuro reso ancora più suggestivo dai riflessi nell’acqua che portava con sé una esplosione di vita nell’area: il canto delle raganelle si mescolava con il tamburellare dei picchi, germani e alzavole trovavano riparo nelle zone allagate, le lontre erano in cerca di prede mentre, al loro fianco, come un bagliore, sfrecciava l’azzurro del martin pescatore.

Se osservata oggi, la stessa area suscita emozioni ben diverse da quelle di un tempo: degli alti e verdi frassini rimangono solo tronchi secchi che, come birilli, anno dopo anno, cadono a terra lasciando un vuoto non solo fisico ma anche emotivo; il fitto sottobosco ricco di vita e specie umide è completamente scomparso ed è stato sostituito dal canneto e da specie della macchia mediterranea; le vive chiazze gialle degli iris che splendevano nell’ombra del verde sottobosco rappresentano solo un lontano ricordo.

La cosa che deve destare maggiore preoccupazione è che, come dimostrano le foto qui di seguito, questa trasformazione non è avvenuta in un secolo ma in meno di dieci anni! L’area degli iris rappresenta l’esempio più lampante per la sua vicinanza al mare ma, allo stesso modo, tutto il Bosco sta scomparendo.

La necessità di un riequilibrio idrologico è nota almeno dagli anni ’80. La mancanza di acqua dolce, l’abbassamento della falda acquifera, l’erosione costiera e l’ingresso dell’acqua salata, sono ormai problematiche note a tutti ma, nei decenni, nulla è stato fatto. A nulla è servita l’istituzione della Riserva che si pone come obiettivo principale il ripristino delle condizioni originarie del Bosco. A nulla sono servite le Misure di Tutela e di Conservazione, redatte nel 2012 e, almeno per il Bosco Pantano, quasi completamente disattese. E a cosa sono servite l’istituzione di una Z.P.S. e di una Z.S.C. se le direttive europee poi non vengono rispettate?

Nell’ultimo incontro tenuto presso la sala consiliare del Comune di Policoro, il rappresentante della Regione Basilicata si era detto pronto a presentare ad ottobre un progetto (del quale si parla ormai da anni) per riportare acqua all’interno del Bosco. Ennesima promessa infranta dato che, ad oggi, nessun progetto è stato proposto.

Il Bosco sta pagando decenni di immobilità istituzionale e di finto interesse protezionistico.

Ogni cittadino di Policoro dovrebbe essere “in debito” verso il Bosco Pantano. Lo sviluppo della nostra città e della nostra comunità ha comportato il sacrificio della maggior parte della sua superficie: abbiamo raso al suolo centinaia e centinaia di ettari per far posto ai nostri coltivi e abbiamo sottratto l’acqua – la sua linfa vitale – bonificando l’area e costruendo la diga di Monte Cotugno.

Abbiamo la fortuna di avere nel nostro territorio un “diamante” naturale che, abbandonato da chi dovrebbe proteggerlo e sorvegliarlo, si sta consumando sempre più.

Forse è arrivato il momento di saldare questo debito…

Un commento

  1. Graziano Perfigli

    A dire la verità il degrado è stato anche da me notato quando ho visitato il bosco pantano di Policoro nel sett .2024 .Molte piante morte , ed il terreno molto asciutto ,non conosco il motivo che abbia provocato il degrado ,ma occorre intervenire per contrastarlo . Mi pare , pero’ , che il governo della regione Basilicata non abbia la giusta sensibilità per queste ricchezze .

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