E’ di ieri sera la notizia della conclusione delle indagini, condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza e dal NOE dei Carabinieri di Potenza, che vedono coinvolte, come si apprende dai giornali, sedici persone fra dirigenti e funzionari della Provincia di Matera, del Comune di Rotondella, dell’Arpab, della Sogin e dell’Enea.
Disastro ambientale, traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale e falso in atto pubblico sono i reati contestati ai sedici indagati
I dirigenti della Sogin avrebbero appreso “già nel 2014, grazie alle analisi da loro stessi condotte, della grave contaminazione da tricloroetilene e cromo esavalente delle acque di falda sottostanti il loro sito e avrebbero effettuato le prescritte comunicazioni agli enti competenti solo nel 2015″. La contaminazione della falda, con il passare del tempo, si sarebbe spinta fin ben oltre la s.s. 106. Il tutto sarebbe stato possibile grazie ad “omissioni nell’attività di controllo da parte della provincia di Matera e del Comune di Rotondella” utilizzando atti con “dati non veritieri”.
Per ottenere l’autorizzazione per scaricare nel mar Jonio sarebbero stati utilizzati atti risalenti al 2012 e, quindi, antecedenti all’inquinamento della falda. Peggio, forse, sarebbe stato fatto nei confronti del fiume Sinni: le acque reflue industriali sarebbero state scaricate direttamente nel corso d’acqua, facendole passare come “soli reflui civili in uscita dal depuratore”. La Sogin, infatti, “non avendo un impianto di trattamento, avrebbe scaricato nel fiume Sinni le acque meteoriche di dilavamento e quelle industriali, tutte non trattate direttamente nel Sinni“.
Il danno per l’ecosistema del Bosco sarebbe enorme. E’ bene, infatti, ricordare che il Sinni rientra all’interno della Riserva Naturale Regionale, Z.P.S., Z.S.C., mentre lo scarico in mare dell’impianto si trova immediatamente a ridosso dell’area protetta.
Eppure le Misure di Tutela e Conservazione previste dalla Regione Basilicata per i siti Rete Natura 2000, adottate nel 2012, prevedono: una “intensificazione dei controlli da parte dell’Ente Gestore” (ovvero, la Provincia di Matera), una “intensificazione dell’azione di controllo e vigilanza al fine di evitare lo sversamento…di rifiuti e fanghi di qualsiasi genere”, il monitoraggio biochimico delle acque e il carico di eventuali sostanze nocive, la “preservazione e ripristino degli ambienti ripariali e acquatici” e il “controllo delle attività antropiche sull’alveo fluviale”.
Seppure i reati contestai siano gravissimi e abbiano importanti conseguenze sulla salute pubblica, ci troviamo comunque di fronte all’ennesimo affronto perpetrato nei confronti del Bosco Pantano.